domenica 23 aprile 2017

Le teorie sulla nascita del linguaggio

Gli elementi a cui verte la discussione riguardano il ruolo dell'ambiente e delle componenti innate, nonché l'interlocutore a cui si rivolge il bambino, ossia se stesso o gli altri.
Skinner sostiene che il linguaggio, viene appreso mediante il condizionamento operante, ossia una serie di stimoli, reazioni e rinforzi.
Il bambino, quindi, oltre ad apprendere le risposte verbali, impara anche le situazioni adatte a ciascuna risposta: l'apprendimento del linguaggio è dunque legato alla socializzazione.
La teoria di Skinner sembra però considerare il bambino come un organismo vuoto che reagisce passivamente all'ambiente.
Anche secondo Noam Chomsky non si può negare l'imitazione e il rinforzo, ma egli sottolinea che bisogna ipotizzare che il bambino abbia in sè la capacità innata di comprendere la lingua madre.  Ciò costutisce l'apparato di acquisizione del linguaggio o LAD: non si tratta quindi di un organismo fisico, ma di un insieme di capacità che permettono al bambino l'apprendimento di qualsiasi lingua.
Secondo Jean Piaget, il bambino impara a parlare nella fase del cosiddetto "egocentrismo infantile" (dai uno ai cinque anni), durante la quale il bambino è concentrato su se stesso.
Il suo linguaggio allora non serve per comunicare: il bambino parla a se stesso, per organizzare il proprio pensiero e le proprie azioni.
Secondo Lev Vygotskij, dapprima sorge il linguaggio comunicativo, il bambino inizia a comunicare con l'adulto; successivamente, si sviluppa il linguaggio interiore o egocentrico.
Quindi secondo lo psicologo russo, la condizione necessaria per lo sviluppo del linguaggio è l'interazione dell'individuo con l'ambiente sociale. 

Fonti: libro scolastico, "educataMENTE".

sabato 22 aprile 2017

L'apprendimento del linguaggio

Occorre tempo affinché il bambino arrivi a modulare correttamente i suoni e a selezionare quelli della lingua del paese in cui vive.
Vediamo di seguito le fasi di sviluppo del linguaggio.

  1. Alla nascita il bambino è in grado di pronunciare due tipi di suono: suoni vegetativi, come singhiozzi e starnuti, e suoni vocalici, come gemiti e grida. Successivamente hanno inizio le vocalizzazioni, con le quali il bimbo impara a controllare il respiro in modo da produrre un certo movimento delle corde vocali.
  2. Verso i due mesi si comincia a emettere il cosiddetto verso del tubare, suoni simili alle consonanti.
  3. Intorno ai cinque o sei mesi, ha inizio la fase della lallazione, cioè la ripetizione variata di più sillabe. Quando il bambino emette questi tipo di suoni doppi, si sta solo esercitando.
  4. Alle prime parole si ha tra i dodici e diciotto mesi. E' il passo del linguaggio olofrastico, costituito da singole parole ("palla") che racchiudono una frase ("voglio la palla").
  5. Tra i diciotto e ventiquattro mesi si arriva alle frasi binarie costituite da due parole ("bimbo pappa").
  6. Poi ci saranno le frasi telegrafiche, sono frasi di tre parole senza connetivi.
  7. Tra i due e sei anni si presenta il fenomeno di ipercorrettismo, ossia l'uso della regola corrente anche nell'eccezione. 
L'apprendimento del linguaggio ha una frase critica, che va dalla nascita agli undici anni di vita.
E' celebre il caso del "ragazzo selvaggio" dell'Aveyron, studiato dal medico francese Jean M. Itrad nel primo ottocento. Il bambino, di circa dieci anni, fu trovato in un bosco.
Fu possibile insegnarli tutto, ma non a parlare, se non a dire poche parole.

  Fonte: libro scolastico, "educataMENTE".

La struttura della comunicazione

Individuiamo i fattori da cui dipende la comunicazione; essi sono: chi parla, un messaggio emesso oralmente, qualcuno che ascolta.
Ma possiamo trovare comunicazioni anche in altri modi: suoni, gesti, espressioni, immagini, colori e, odori... Questi segni vengono attribuiti a un significato.
Per comprendere quali siano gli elementi coinvolti nella comunicazione, possiamo adottare il modello studiato dallo studioso russo Roman Jakobson.
Secondo questo modello, un mittente, ovvero colui che invia le informazioni, trasmette un messaggio a un destinatario o ricevente, utilizzando un codice, che deve essere condiviso da ambo le parti.
Il mittente codifica il messaggio, ovvero organizza le informazioni ricevute secondo le regole del codice che ha scelto (gesti, colori, linguaggio) . Il ricevente lo decodifica, ossia lo interpreta sulla base del medesimo codice.   
Mittente e destinatario sfruttano un canale, cioè un mezzo fisico che trasporta le informazioni. Inoltre il messaggio riguarda sempre un determinato oggetto, chiamatosi il referente, che ne costituisce il contesto. 
Può accadere che tra la codificazione del messaggio e la sua decodificazione non ci sia sintonia. Per esempio, il canale può subire interferenze.


Fonti: libro scolastico, "educataMENTE".                                                       

Che cosa è la COMUNICAZIONE e perchè si comunica

La comunicazione è uno scambio di messaggi tra esseri viventi che ha lo scopo di mettere in comune informazioni ad esperienze servendosi di un codice condiviso, cioè di un insieme di segni, al fine di coordinare l'azione in vista di un fine in comune.
Comunicare, infatti, è un'attività fondamentale che garantisce l'adattamento all'ambiente di ciascun essere vivente. 
(comunicare>>>trasmettere.)
Nella specie umana la comunicazione è particolarmente complessa. I mezzi di questa trasmissione sono più svariati: i discorsi, i racconti e l'esempio dei genitori e dell'insegnante, i libri, i giornali, i mezzi di comunicazione di massa, ciascuno dei quali è più adatto a uno specifico contenuto.
Comunicare è un'esigenza quotidiana, richiede competenze che si sono sviluppate nel corso della vita. 

Fonti: libro scolastico: "educataMENTE".