martedì 26 settembre 2017

La teoria umanista

La psicologia umanistica, che riconduce le motivazioni dell'azione a una serie di bisogni, fino all'autorealizzazione, prende in esame il comportamento del docente e i suoi effetti sull'alunno.
Carl Rogers, il principale esponente, ha elaborato una forma di psicoterapia basata sul rapporto di parità tra terapeuta e paziente.
Ispirandosi a questo approccio, un insegnameto deve essere flessibile e spostarsi sul protagonista della relazione educativa: l'alunno.
Una pratica didattica ispirata a questa teoria, richiede tre atteggiamenti-chiave:
L'educatore deve porsi dal punto di vista dll'allievo (empatia), senza formulare giudizi perentori o imporre cambiamenti di comportamento (considerazione positiva incondizionata) per indurre l'allievo a conoscere se stesso a stabilire una continuità (congruenza) tra l'immagine di sè e le proprie esperienze.
L'educatore deve insegnare a imparare, cioè fornire gli strumenti necessari.
L'allievo dovrà poi essere in grado di valutarsi (autovaluzione).
La relazione educativa ha quindi il compito di favorire la metacognizione, ossia l'autovalutazione dei risultati conseguiti. 

Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE" 

La teoria psicoanalitica

Secondo la psicoanalisi, corrente scientifica fondataza da Sigmund Freud, la classe è il campo di un incontro/scontro di forze inconsce, che emergono da esplosioni di rabbia, insucessi scolastici ecc.
La psicoanalisi invita a interpretare tali sintomi e a ricercare le cause che ne sono all'origine.
Questa teoria aiuta a chiarire la ricchezza della relazione educativa. Per esempio i fenomeni di trasnfert, ossia un meccanismo mentale per il quale l'individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale. Il processo è largamente inconscio.         
 Il transfert è fortemente connesso alle relazioni oggettuali della nostra infanzia e le ricalca.
 E' possibile il manifestarsi di questo proiettare, quando qualcosa all'interno della nostra psiche, è avvertito come pericoloso e viene inconsapevolmente proiettato all'esterno.
Ogni ragazzo, inoltre, ha una propria considerazione. L'immagine di sè si costruisce attraverso un lungo periodo, perscorso, a partire dal rapporto con la madre e con altre figure di riferimento.
Secondo la psicoanalisi, nel rapporto con gli allievi un insegnate può, anche, spingersi a rivivere la propria infanzia. Questo fenomeno può essere un aiuto per capire diversi comportamenti dei ragazzi. 

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sigmund_Freud 
Fonti:  https://it.wikipedia.org/wiki/Sigmund_Freud
Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE" 

Rosseau

Jean-Jacques Roussea, filosofo, musicista e pedagogista svizzero...

Scrisse un'oprea, la cui si divide in cinque libri dove troviamo la vita dalla nascita ai venticinque anni circa, di Emile. Egli segue, analizza, studia e interferisce con diete e varie educazioni la vita del ragazzo.
Roussea sostiene che l'educazione deve essere finalizzata a rimuovere i condizionamenti sociali per permettere uno sviluppo libero e spontaneo al bambino (posizione nota come puerocentrismo). Secondo sempre quest ultimo, la società è una realtà degradata che trascina con sè gli individui.
Roussea immagina un'educazione nella quale il bambino non riceve stimoli o condizionamenti da parte dal maestro, ma cresce sperimentando in quasi totale autonomia.
Emilio, non frequenta scuole e non segue ritmi e tempi imposti dall'esterno, ma segue i propri tempi di maturazione.
La figura del maestro non scompare, ma svolge il compito di suggeritore.
E' l'esperienza, invece, a svolgere un ruolo fondamentale.
Roussea descrive quattro fasi dell'educazione, che dipende dall'età e dallo sviluppo delle facoltà del fanciullo.
In questo modo sarà l'educazione a essere commisurata alla crescita dell'allievo, e non viceversa.


Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Jean-Jacques_Rousseau
Fonti: Libro scolastico, educataMENTE 

mercoledì 20 settembre 2017

Che cosa succede in classe?

Una classe è infatti un contesto ricco di relazioni intense sia tra docenti e alunni e sia tra compagni di classe.
In un contesto, come la classe, possono emergere conflitti e varie situazioni di questo genere.
Alcune teorie psicologiche forniscono agli insegnanti un valido strumento per analizzare e gestire quello che avviene all'interno di una classe.


L'influenza degli altri

Il rapporto che si crea tra alunni e docenti viene definito relazione educativa; quest'ultima non è una semplice interazione sociale occasionale, ma nasce da un'interazione sociale stabile, perchè i due soggetti si incontrano con molta frequenza e prestabilità condividendo spazi comuni...
Come ogni relazione educativa, anche essa esercita un'influenza sociale. In ogni relazione infatti ci troviamo difronte ad attese, richieste che condizionano il nostro comportamento.
La società impone modelli di comportamento ai quali i singoli individui devono conformarsi.
La costituzione dell'individuo richiede relazioni sociali, perchè una persona acquisisce le proprie specificità all'interno di relazioni.
Una relazione sociale si basa sulla comunicazione verbale non verbale; può svilupparsi in forme conflittuali o collaborative; è costituita da componenti esplicite e componenti inconsapevoli.

Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE"

venerdì 19 maggio 2017

Il corpo parla

Alcuni esempi di come il "corpo parla":

Occhi: Il contatto oculare è fondamentale nella comunicazione. Guardarsi negli occhi mostra interesse reciproco alla comunicazione, ma se fissato a lungo l'interlocutore può sentirsi in imbarazzo o minacciato.

Testa: Tenere la testa alta mostra fiducia in se stessi, al contrario tenere la testa bassa denota una certa inferiorità nei confronti dell'altro.

Gestualità: Gesticolare velocemnte è indice di nervosismo o agitazione. Con le mani si può stabilire un contatto fisico (pacca sulla spalla): anche se in alcune culture non è gradito perchè sengno di intimità e confidenza.

Espressioni del viso: Sul nostro viso compaiono microespressioni, che durano normalmente pochi secondi. Se la manteniamo più a lungo risultano più evidenti, come un sorriso.


Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE".

Comunicazione e contesto

Nella vita di tutti i giorni siamo sottoposti a una vera pioggia di segnali, che arrivano attraverso tutti i canali possibili e nelle forme più svariate.
Nessuno può fare a meno di comunicare in qualsiasi modo.
Secondo Paul Watzlawick, e altri studiosi, il nostro comportamento è comunicativo.
Il contesto incide sulla relazione che si stabilisce tra gli interlocutori.
Tutto ciò è studiato dalla pragmatica della comunicazione, una disciplina che si occupa degli effetti della comunicazione sul comportamento. Secondo questa teoria, il contenuto e il contesto di una comunicazione sono strettamente legati tra loro.
Molti altri aspetti della comunicazione sono stati messi in luce della scuola di Polo Alto, come il fatto che a causa dei molti elementi coinvolti, la comunicazione risulta spesso ambigua e si presta a frantendimenti. 
Watzlawick e Gregory Bateston, hanno anche evidenziato la circolarità della comunicazione: mentre parliamo, cogliamo le reazioni del nostro interlocutore e modifichiamo di conseguenza il nostro comportamento.
Watzlawick, ha definito gli assioni della comunicazione, ossia le regole fondamentali della comunicazione.


  1. E' impossibile non comunicare, qualsiasi cosa facciamo essa comunica qualcosa agli altri.
  2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione; il secondo classica il primo ed è quindi di meta comunicazione. 
  3. La punteggiatura è l'ordine con cui si comica.
  4. Gli esseri viventi comunicano sia con il modulo digitale, ossia la comunicazione verbale, e sia con quello analogico, cioè la comunicazione non verbale.
  5. Gli scambi comunicativi non simmetrici o complemetari. Tra due coniugi la comunicazione è simmetrica perchè tra loro vige un rapporto di parità. Tra un genitore e un bambino vi è invece una comunicazione complementare, dovuta alla loro differenza di ruolo. 



Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE".

La comunicazione non verbale

Le parole sono accompagnate da altre forme di comunicazione, connesse tra loro.
Mentre parliamo gesticoliamo, cambiamo espressione, sbuffiamo, ridiamo ecc.
Un primo gruppo riguarda i movimenti del corpo: i gesti, le espressioni del viso, la postura.
Un secondo gruppo riguarda i cosidetti fenomeni paralinguali: il riso, lo sbadiglio, il pianto.
Anche il tono, le pause e i silezi comunicano. 
E' significativa anche la distanza; una maggiore o minore spazio tra le due persone che parlono o collaborano segnala il loro grado di confidenza; il cosidetto studio della comunicazione (prossemica), studiato dall'americano Edward T.Hall.  
Infine, anche il trucco e l'abbigliamento comunicano qualcosa.


Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Edward_Hall_(antropologo)
Fonti: Libro, "educataMENTE".

domenica 23 aprile 2017

Le teorie sulla nascita del linguaggio

Gli elementi a cui verte la discussione riguardano il ruolo dell'ambiente e delle componenti innate, nonché l'interlocutore a cui si rivolge il bambino, ossia se stesso o gli altri.
Skinner sostiene che il linguaggio, viene appreso mediante il condizionamento operante, ossia una serie di stimoli, reazioni e rinforzi.
Il bambino, quindi, oltre ad apprendere le risposte verbali, impara anche le situazioni adatte a ciascuna risposta: l'apprendimento del linguaggio è dunque legato alla socializzazione.
La teoria di Skinner sembra però considerare il bambino come un organismo vuoto che reagisce passivamente all'ambiente.
Anche secondo Noam Chomsky non si può negare l'imitazione e il rinforzo, ma egli sottolinea che bisogna ipotizzare che il bambino abbia in sè la capacità innata di comprendere la lingua madre.  Ciò costutisce l'apparato di acquisizione del linguaggio o LAD: non si tratta quindi di un organismo fisico, ma di un insieme di capacità che permettono al bambino l'apprendimento di qualsiasi lingua.
Secondo Jean Piaget, il bambino impara a parlare nella fase del cosiddetto "egocentrismo infantile" (dai uno ai cinque anni), durante la quale il bambino è concentrato su se stesso.
Il suo linguaggio allora non serve per comunicare: il bambino parla a se stesso, per organizzare il proprio pensiero e le proprie azioni.
Secondo Lev Vygotskij, dapprima sorge il linguaggio comunicativo, il bambino inizia a comunicare con l'adulto; successivamente, si sviluppa il linguaggio interiore o egocentrico.
Quindi secondo lo psicologo russo, la condizione necessaria per lo sviluppo del linguaggio è l'interazione dell'individuo con l'ambiente sociale. 

Fonti: libro scolastico, "educataMENTE".

sabato 22 aprile 2017

L'apprendimento del linguaggio

Occorre tempo affinché il bambino arrivi a modulare correttamente i suoni e a selezionare quelli della lingua del paese in cui vive.
Vediamo di seguito le fasi di sviluppo del linguaggio.

  1. Alla nascita il bambino è in grado di pronunciare due tipi di suono: suoni vegetativi, come singhiozzi e starnuti, e suoni vocalici, come gemiti e grida. Successivamente hanno inizio le vocalizzazioni, con le quali il bimbo impara a controllare il respiro in modo da produrre un certo movimento delle corde vocali.
  2. Verso i due mesi si comincia a emettere il cosiddetto verso del tubare, suoni simili alle consonanti.
  3. Intorno ai cinque o sei mesi, ha inizio la fase della lallazione, cioè la ripetizione variata di più sillabe. Quando il bambino emette questi tipo di suoni doppi, si sta solo esercitando.
  4. Alle prime parole si ha tra i dodici e diciotto mesi. E' il passo del linguaggio olofrastico, costituito da singole parole ("palla") che racchiudono una frase ("voglio la palla").
  5. Tra i diciotto e ventiquattro mesi si arriva alle frasi binarie costituite da due parole ("bimbo pappa").
  6. Poi ci saranno le frasi telegrafiche, sono frasi di tre parole senza connetivi.
  7. Tra i due e sei anni si presenta il fenomeno di ipercorrettismo, ossia l'uso della regola corrente anche nell'eccezione. 
L'apprendimento del linguaggio ha una frase critica, che va dalla nascita agli undici anni di vita.
E' celebre il caso del "ragazzo selvaggio" dell'Aveyron, studiato dal medico francese Jean M. Itrad nel primo ottocento. Il bambino, di circa dieci anni, fu trovato in un bosco.
Fu possibile insegnarli tutto, ma non a parlare, se non a dire poche parole.

  Fonte: libro scolastico, "educataMENTE".

La struttura della comunicazione

Individuiamo i fattori da cui dipende la comunicazione; essi sono: chi parla, un messaggio emesso oralmente, qualcuno che ascolta.
Ma possiamo trovare comunicazioni anche in altri modi: suoni, gesti, espressioni, immagini, colori e, odori... Questi segni vengono attribuiti a un significato.
Per comprendere quali siano gli elementi coinvolti nella comunicazione, possiamo adottare il modello studiato dallo studioso russo Roman Jakobson.
Secondo questo modello, un mittente, ovvero colui che invia le informazioni, trasmette un messaggio a un destinatario o ricevente, utilizzando un codice, che deve essere condiviso da ambo le parti.
Il mittente codifica il messaggio, ovvero organizza le informazioni ricevute secondo le regole del codice che ha scelto (gesti, colori, linguaggio) . Il ricevente lo decodifica, ossia lo interpreta sulla base del medesimo codice.   
Mittente e destinatario sfruttano un canale, cioè un mezzo fisico che trasporta le informazioni. Inoltre il messaggio riguarda sempre un determinato oggetto, chiamatosi il referente, che ne costituisce il contesto. 
Può accadere che tra la codificazione del messaggio e la sua decodificazione non ci sia sintonia. Per esempio, il canale può subire interferenze.


Fonti: libro scolastico, "educataMENTE".                                                       

Che cosa è la COMUNICAZIONE e perchè si comunica

La comunicazione è uno scambio di messaggi tra esseri viventi che ha lo scopo di mettere in comune informazioni ad esperienze servendosi di un codice condiviso, cioè di un insieme di segni, al fine di coordinare l'azione in vista di un fine in comune.
Comunicare, infatti, è un'attività fondamentale che garantisce l'adattamento all'ambiente di ciascun essere vivente. 
(comunicare>>>trasmettere.)
Nella specie umana la comunicazione è particolarmente complessa. I mezzi di questa trasmissione sono più svariati: i discorsi, i racconti e l'esempio dei genitori e dell'insegnante, i libri, i giornali, i mezzi di comunicazione di massa, ciascuno dei quali è più adatto a uno specifico contenuto.
Comunicare è un'esigenza quotidiana, richiede competenze che si sono sviluppate nel corso della vita. 

Fonti: libro scolastico: "educataMENTE".

giovedì 30 marzo 2017

La memoria sensoriale

La prima forma di memoria, è la memoria sensoriale ossia la registrazione di quanto è dato dai nostri sensi.
Essa può contenere molte informazioni ma per poco tempo.
Esistono differenti tipi di memoria, i quali più studiati sono:

  1. Memoria visiva (o iconica): se il nostro sguardo fissa per un determinato tempo un oggetto e poi chiudiamo le palpebre; per qualche istante  ci ricorderemo l'impronte di ciò che abbiamo osservato.
  2.  Memoria uditiva (o ecoica): decade se l'attenzione    viene meno. 
La memorie sensoriale, è solo il confine tra percezione e memoria.


continuo sul blog della mia compagna Eleonora: eleonorabubba.blogspot.it

Fonte: Libro scolastico, "educataMENTE".

Apprendimento, memoria e la necessità di ricordare

La memoria è fondamentale, non solo per l'apprendimento, ma anche nel caso della vita quotidiana.
Come possiamo apprendere, possiamo anche dimenticare.
Quest'ultimi trovano una spegazione.

La capacità di un individuo di conservare tracce della propria esperienza precedente, si esprime attraverso il ricordo, la cui rarefrazione o addiritura scomparsa determina l'oblio.
Solo quando ci troviamo di fronte a una dimenticanza causata da una malattia o trauma, ci rendiamo contro di quanto sia importante perchè la nostra stessa identità si basa sui ricordi che abbiamo.
Se non avessimo la memoria, dovremo imparare ogni volta tutto da capo.
L'apprendimento dipende dalla registrazione e dall'immagazzinazione dell'informazione: senza memoria non c'è conoscenza.
Il recupero delle informazioni è importante quanto la sua immagazzinanzione.
La memoria non è una capacità illimata, quindi è in grado di scegliere cosa trattenere o dimenticare.
Essa non è un organo unitario, come il cuore o il fegato.
In realtà è un insieme di sistemi che si basano sul tempo e lo spazio.
Nei post succesivi affronteremo le varie memorie studiate in psicologia.

giovedì 23 marzo 2017

Il condizionamento operante di Skinner

B. F Skinner 
(1904-1990)
psicologo statunitense. 

Skinner ha preso e studiato in modo più complesso le teorie dei precedenti studiosi, per riuscire a capire come si acquistano nuove capacità. Egli si è occupato principalmente dei comportamenti operanti, con vari esperimenti basati su ratti o piccioni i cui risultati ha esteso su gli esseri umani.
A questo scopo ha elaborato la Skinner Box.
All'interno della gabbietta un piccione, o ratto, abbassando casualmente una levetta, ottengono cibo. L'animale sarà cosi' condizionato a premere di nuovo per poter mangiare: ma, in questo caso, l'operazione sarà consapevole.
Questa forma di apprendimento è chiamata apprendimento per rinfornzo ed è basata su punizoni o premi (premio= cibo; punizione= mancato cibo).
La caduta del cibo viene chiamata evento rinforzante; l'abbassamento intenzionale della levetta è chiamato operante rinforzante.
Questo processo di condizionamento viene chiamato operante.  Il condizionamento operante è una procedura generale di modifica del comportamento di un organismo, ossia è una modalità attraverso la quale l'organismo "apprende".
Se l'animale non riceve più il premio, dopo l'abbassamento delle levetta, smetterà di compiere l'azione (estinzione dell'operante).
Da questi esperimenti, Skinner ha tratto la conclusione che il comportamento è il furto di un modellamento operanto dall'ambiente.


Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Condizionamento_operante
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Burrhus_Skinner
Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE".

Il comportamentismo di Watson

John Broadus Watson
(1878-1958)
 psicologo stanutense.

John Watson è il "creatore" del comportamentismo.
Comportamentismo è una corrente di pensiero secondo la quale il comportamento è il frutto di un condizionamento dell'ambiente: noi impariamo ad associare una certa risposta a un determinato stimolo (S/R). 
Watson ha negato ogni importanza ai fattori innati. Egli ha compiuto esperimenti di condizionamenti.
E' rimasto famoso l'esperimento sul piccolo Albert (nel 1920).
Mentre Albert giocava con un topolino bianco, Watson e sua moglie provocarono un forte rumore. Albert, spaventato dal rumore, grida. Successivamente il piccolo grida alla vista del topolino bianco. In seguito il bambino generalizza la risposta e si spaventa in presenza di animali dal pelo bianco.
Qui l'apprendimento è considerato un processo automaico: le risposte sono comportamenti meccanici, frutto dell'abitudine. 

In questo link potete trovare un video dei vari esperimenti dello studioso su Albert--> https://it.wikipedia.org/wiki/File:Little_Albert_experiment_(1920).webm#file

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/John_Watson_(psicologo)
Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE" 

mercoledì 22 marzo 2017

L'esperimento di Pavlov e i riflessi condizionati

Allo studio dei riflessi condizionati, ossia la risposta che il soggetto dà alla presentazione di uno stimolo condizionante, ha dato impulso il fisiologo Ivan Pavlov; rappresentante della riflessologia russa.
Famoso il suo esperimento sulla salivazione del cane.
In un primo momento, Pavlov, aziona un campanello e non rivela nessuna risposta dal cane.
Successivamente fornisce al cane una porzione di carne, e secondo una risposta naturale, il cane inzia a salivare.
Pavlov associa quindi somministrazione di cibo e suono del campanello: ogni volta che il cane riceve cibo, il campanello vienze azionato. 
Per un certo periodo, il cane al suono del campanello iniziava a salivare anche senza ricevere cibo.
Il cane è stato condizionato.
Il termine condizionato segnala un'associazione nuova, che è stata appresa. Al contrario, il termine incondizionato segnala una risposta naturale e innata.
Emergono inoltre altri due risultati:

  1. Generalizzazione, ossia l'estensione di una certa risposta a stimoli diversi.
  2. Estinsione, cioè la risposta condizionata scompare se per un certo numero di volte il suono non è asscoiata alla porzione del cibo.                                                                   
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Riflesso_condizionato
Fonti: Libro scolastico, "educataMENTE".

COME APPRENDIAMO

I riflessi innati

L'apprendimento è il mezzo con cui gli esseri umani imparano le proprie conoscenze e sviluppano le proprie capacità.
Quando un bambino nasce lascia un intorno protetto per entrare in un mondo dove viene a contatto con una innumerevole quantità di stimoli sensoriali. Per poter sopravvivere a questo cambiamento dispone di un insieme di riflessi arcaici primari, chiamati riflessi neonatali, designati ad assicurare una risposta immediata al nuovo intorno.            
I riflessi innati, quindi, sono risposte non fisiologiche, non apprese, a uno stimolo.
Alcuni di questi sono fondamentali per la nutruzione: come il riflesso di suzione (succhiare) e di ricerca (il seno).
Altri svolgono una funzione protettiva: riflesso "battito delle palpebre"(spavento) e riflesso di prensione(aggrapparsi).
Esistono altri riflessi la cui funzione non è del tutto chiara: come il riflesso di moro e il riflesso di marcia.
Nel corso degli anni, gli esseri umani sviluppano altri riflessi per mezzo dell'apprendimento.

Fonti: Libro scolastico "educataMENTE".

martedì 21 marzo 2017

Percezione visiva e schemi gestaltici





Max Wertheimer, (1880-1943)
psicologo ceco.


La Gestalt, il cui fondatore Max Wertheimer, ha dimostrato che la percezione sensoriale, in particolar modo la percezione visiva, svolge un ruolo creativo ed è creativa, cioè classifica e interpreta le sensazioni.
Essa ha individuato i principi del raggruppamento degli oggetti; si tratta di schemi innati che collegano e organizzano i dati che riceviamo attraverso l'organo della vista
I principi più importanti sono questi: 

1.Vicinanza: Siamo portati a raggruppare oggetti vicini tra loro.

2.Somiglianza: In questo caso raggruppiamo oggetti simili tra loro.  Nella figura vediamo una successione di file verticali, rispettivamente di triangoli, quadrati e cerchi.

3.Continuità: Tendiamo a raggruppare gli oggetti che possono essere visti l'uno come la continuazione dell'altro.









4.Chiusura: Siamo portati a raggruppare gli elementi in modo che formino una figura chiusa, e quindi tendiamo a "completare" una fgura nonostante le parti mancanti. 


5.Pregnanza: Raggruppiamo gli elementi che possono  
costruire una figura semplice, regolare, simmetrica.




6.Buona forma: Raggruppiamo gli elementi per ottenere la figura più semplice.

7.Esperienza passata: Raggruppiamo gli elementi associati nella nostra esperienza precedente: se non conoscessimo la lettera E, non potremmo raggruppare le tre linee spezzate. 

Nell'applicare questi principi, la nostra mente distingue la figura dallo sdonfo (organizzazione figura-sfondo).

Fonti: Libro scolastico: educataMENTE.

Come percepiamo il mondo

Il cervello e la mente sono la sede dei processi cognitivi.
Nessuno dei tali sarebbero possibili senza le sensazioni, cioè una eccitazione nervosa.
Le sensazioni permettono alla nostra mente di conoscere noi stessi e il mondo che ci circonda. Nonostante esse siano sostanzialmente personali e soggettive, e quindi impossibili da misurare scientificamente, è possibile chiedere ai soggetti che le sperimentano di descriverle.
Lo stimolo, che possiede una determinata qualità relativa all'organo di senso coinvolto, raggiunge una specifica area del cervello.
Le varie sensazioni vengono unificate nella fase della percezione.
Gli stimoli esterni ci colpiscono di continuo, quindi è fondamentale la presenza dell'attenzione.
L'attenzione è un processo cognitivo della mente che permette di selezionare stimoli ambientali, ignorandone altri. 
Essa agisce in modo consapevolmente e sia inconsapevolmente.
Un altro fattore è la limitatezza dei nostri sensi.
Noi siamo in grado di dare unità e organicità alle nostre sensazioni, che ci presentano un mondo coerente.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sensazione
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Attenzione
Fonti: Libro scolastico delle S. Umane: EducataMENTE.

lunedì 20 marzo 2017

Lo studio della mente e del cervello: le neuroscienze

Gli studi che riguardano mente e cevello si situano in una zona di confine tra scienze della natura e scienze umane.
Oggi sono sopratutto le neuroscienze.
Le neuroscienze (o neurobiologia) sono l'insieme degli studi scientificamente condotti sul sistema nervoso.
Le neuroscienze sono un campo interdisciplinare e collaborano con altri ambiti di studio quali chimica, scienze cognitive, informatica, ingegneria, linguistica, psicologia, sociologia, matematica, statistica, medicina e discipline collegate, come filosofia e fisica.
Ci sono varie neuroscienze, eccone alcune: neurobilogia, neurochimica, neurologia, neuropsicologia...
Le neuroscienze adattano metodi di indagine, con i quali "osservano" che cosa accade nel cervello. Queste tecniche confermano la stretta correlazione tra le attività mentali e i processi fisico-chimici del cervello.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Neuroscienze
Fonti: Libro, Liceo delle Scienze Umane, educataMENTE

domenica 12 febbraio 2017

Attività della mente e connessioni neurali

La mente è una sorta di interfaccia tra l'individuo e il mondo, che dà senso alle cose.
La mente fornisce costantemente un senso agli eventi, adottando spiegazioni standardizzati chiamati modelli. Ogni popolo e cultura elabora i propri modelli e la propria visione del mondo.
A volte i modelli diventano stereotipi, ossia la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità.
All'attività della mente corrisponde nel cervello la formazione di connessioni neurali.
Il cervello continua dunque a plasmarsi sulla base delle esperienze compiute nel mondo.








Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Stereotipo
Fonti: Libro scolastico, Liceo delle Scienze Umane: "EducataMENTE".

giovedì 9 febbraio 2017

Cervello e Mente

Il cervello è necessario per lo svolgimento di tutti i processi psichici.
Quando consideriamo i nostri pensieri, ricordi... li riconosciamo a un'unità che chiamiamo MENTE.
Il cervello è concreto e materiale, mentre la mente è astratta e consiste in un insieme di funzioni.
Alcuni studiosi spiegano il funzionamento della mente con la sola attività del cervello: si tratta di una forma di riduzionismo, sostiene che gli enti, le metodologie o i concetti di una scienza debbano essere ridotti a dei minimi comuni denominatori o a delle entità il più elementari possibili.
Altri studiosi, invece, non sono d'accordo e criticano il riduzionismo. Gli studi non riescono a ricondurre completamente il funzionamento della mente all'attività dei circuiti cerebrali perchè individuano alcuni aspetti dei processi in atto, ma non il loro contenuto: per esempio, sappiamo che una persona sta pensando, ma non vediamo il pensiero elaborato.
Gli scienziati cercano una corrispondenza tra le funzioni della mente e le aree del cervello.
Ci sono tre idee fondamentali:


  1. Concezione localista: le funzioni sono svolte da singole aree del cervello specializzate,                                    che operano in modo autonomo.
  2. Concezione antilocalistica: Non ci sono aree singole che svolgono le varie funzioni                                 mentali, ma sono invece il prodotto dell'attività cerebrale complessiva.
  3. Concezione interazionistica: Le funzioni sono svolte in distinte aree cerebrali, e si                                                       influenzano tra loro.    







Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Riduzionismo